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mercoledì 8 febbraio 2012

Che cos'è l'arte

Che cos’è l’arte?

“Non c’è via più sicura per evadere dal mondo che l’arte, ma non c’è legame più sicuro con esso che l’arte” scriveva Goethe più di duecento anni fa.
Ma cos’è veramente l’arte? Non esiste una definizione più difficile. Non a caso si parla di “indefinibilità” dell’arte. Si può soltanto cercare di capire come e perché da sempre si producano opere d’arte e quali siano i principali aspetti che caratterizzano questa importante attività umana.
 È possibile però rendersi conto senza ombra di dubbio che in questo concetto si trovano uniti in perfetta simbiosi due diversi elementi: l’opera e la sua fruizione. Fa arte colui che concepisce ed esegue statue, palazzi, quadri, ma anche chi osserva , percepisce e ne condivide la visione.
Si è soliti affermare che l’arte ha un valore universale perché è in grado di raggiungere tutti anche attraverso il tempo. Federica Fiore e Anna Flocchini nell’interessante lavoro “Scritture e linguaggi”,  per spiegare questo concetto, hanno accostato due opere molto distanti fra di loro: “Il discobolo” di Mirone risalente al V secolo a.C. e “La Gioconda” di Leonardo, eseguita nel XVI secolo. Il  primo, considerato una delle più straordinarie sculture dell’antichità greca, è ritenuto un capolavoro anche ai nostri giorni. La seconda  è tutt’oggi uno dei dipinti più ammirati del mondo.
Possiamo quindi dire che Mirone e Leonardo hanno saputo infondere nei loro lavori “qualcosa” di speciale che tutti sono in grado di riconoscere, di sentire e di apprezzare. È un po’ quello che accade ai poeti e agli scrittori che riescono a evocare particolari personaggi, ambienti, sensazioni e stati d’animo, ma mentre questi ultimi raggiungono l’effetto con le parole, pittori, scultori e architetti lo ottengono con le immagini e le forme.
Capire l’arte vuol dire allora riconoscere e comprendere il linguaggio delle immagini e delle forme, osservare e percepire quel  “qualcosa” che esse contengono e che si trasmette agli osservatori.
Non si può negare che le opere d’arte hanno una finalità prevalentemente “estetica”. Questo termine deriva dal greco “aisthesis” che significa “sensazione”, e viene comunemente usato per definire tutto ciò che è dotato di una particolare bellezza: riteniamo un oggetto “estetico” quando ci da’ la sensazione del bello. L’estetica è anche una disciplina filosofica la quale presuppone che ciò che distingue un’opera d’arte sia proprio la bellezza, considerata un valore universale che qualsiasi essere umano è in grado di apprezzare, seppure in maniera differente.
Ai primi del Novecento Freud, il fondatore della psicoanalisi, scrisse che “a prima vista” la bellezza non appare necessaria, eppure la civiltà non potrebbe farne a meno. Quindi il sentimento della bellezza rappresenta un’esigenza irrinunciabile, anche se non se ne conosce l’utilità.
La capacità dell’artista, dunque, consiste nell’esprimere il bello attraverso una forma sensibile che riesca comprensibile a tutti. Quando si parla del valore estetico però, occorre tenere presente che il bello del linguaggio artistico è un “bello ideale” che non coincide con quello del linguaggio comune.
Inoltre non c’è un’oggettività sia nei criteri di bellezza che nei valori estetici: ogni giudizio è soggettivo, anche se esiste una critica che contribuisce a conferire valore di “artisticità” alle diverse opere, decretandone la fortuna o l’oblio.
Ma la bellezza non è l’unico attributo dell’arte.  Per essere tale, un’opera deve saper tradurre in forma chiara e comprensibile ciò che nasce nella mente e nell’animo umano, il senso dell’equilibrio e dell’armonia,  ma anche le idee, gli stati d’animo e le emozioni.
La capacità di rappresentazione attraverso le immagini e le forme è un altro degli aspetti del fare arte.
Ogni prodotto artistico è un’interpretazione personale della realtà. Essa suscita sempre una reazione, una scelta che implica un giudizio, vale a dire una valutazione, più o meno consapevole, che può essere di accettazione o di indifferenza, di piacere o di rifiuto.
Per formulare un giudizio corretto su un’opera, occorre collocarla nel suo cotesto storico e culturale, tenendo conto di una molteplicità di elementi: chi era l’artefice, quando è vissuto, per quale committente lavorava, che tecniche utilizzava, qual era il ruolo dell’artista  nel suo tempo, quale la mentalità e la cultura della sua epoca.
È questo il lavoro della critica, che consiste nell’analizzare l’opera nella sua complessità e identificare il procedimento con il quale il suo autore interpreta la realtà e trova la forma idonea per comunicarci qualcosa. L’arte è, insomma, un potente mezzo di comunicazione. Le immagini sono immediatamente riconoscibili e non richiedono un sapere complesso per essere comprese; questo accade perché esse visualizzano il significato della cosa da trasmettere. Essa è composta da segni,  e come gli altri segni, possiede un contenuto (ciò che vuole rappresentare)  e una forma (il particolare modo in cui il contenuto stesso viene rappresentato).
La natura è certamente un grande serbatoio di forme e di immagini: scene naturali di particolare  intensità, come ad esempio un tramonto, una tempesta, un prato fiorito o un incendio, oppure avvenimenti “forti” e drammatici come l’uccisione di un animale o una battaglia. Questi eventi stimolano l’immaginazione e fanno sorgere il desiderio di “possederli”e di riprodurli nella loro particolare suggestività.
Altre opere invece non nascono dalla necessità di imitare la natura, bensì dall’intenzione di rappresentare cose non visibili, come idee, sentimenti, emozioni.
Per esprimere concetti ideali, spesso si ricorre al simbolo, cioè a un’immagine che rappresenta in modo riconoscibile per tutti un certo significato. La corona è simbolo della regalità, il teschio della morte, l’aquila del potere, i raggi del sole sono simbolo di Dio.
 Un altro procedimento con cui l’autore può raffigurare particolari idee e concetti è l’allegoria che consiste nel significare una cosa attraverso un’altra che abbia un certa analogia con la prima: una figura tipica di questo procedimento è la personificazione con cui si presenta un concetto astratto sotto forma di persona concreta. Sono molte le personificazioni allegoriche entrate nel nostro immaginario quotidiano. Pensiamo, ad esempio, alla Giustizia  rappresentata come una donna con la bilancia in mano, o alla Fortuna personificata da una donna con gli occhi bendati.
L’arte inoltre può dar corpo anche a situazioni di fantasia, puro frutto della capacità immaginativa di chi la esercita.. Tutti i dipinti che raffigurano scene della vita sacra, della mitologia greca e della storia  ricostruiscono con immagini concrete episodi immaginati. Alcuni artisti usano la loro immaginazione per rappresentare non la realtà ma la “surrealtà”, cioè una dimensione che va oltre la concretezza  per indurci a guardare al di là  dell’apparenza delle cose, al fine di cogliere i loro significati nascosti. Nel quadro di Magritte “La riproduzione vietata” (1928), è possibile osservare come si possono raffigurare situazioni impossibili utilizzando immagini verosimili. L’uomo che si specchia e si vede di spalle crea una situazione assurda e paradossale in cui delle immagini realistiche sono stravolte dal loro accostamento incongruo.
Piero Adorno nella premessa al suo manuale “L’Arte Italiana” dichiara che l’artista è l’interprete, forse il più sensibile, della società entro cui vive, reagendo, positivamente o negativamente, agli stimoli che gli provengono dall’esterno ed esprimendosi con un linguaggio che, poiché svincolato da leggi razionali che regolano la costruzione del linguaggio usuale, può entrare in comunicazione con noi in modo diretto. “Leggendo” un’opera, noi comprendiamo anche l’epoca in cui è stata creata. Questo significa che, se da un lato è necessario inserirla nel suo contesto storico per capirla, dall’altro ci aiuta a conoscere meglio la società in cui è stata creata.
Le opere d’arte  hanno la capacità di comunicare il loro valore estetico anche attraverso i secoli; sono osservate da milioni di persone in base al loro gusto e alla loro cultura. Può così accadere che esse suscitino presso i critici e il pubblico un interesse diverso nelle varie epoche. Pertanto, nonostante un’opera sia legata al alcuni valori di fondo del momento storico in cui è stata prodotta, questi stessi valori possano entrare in sintonia con la mentalità, la sensibilità e il gusto di un’altra epoca. Analizziamo  ad esempio “L’annuncio a Sant’Anna” di Giotto (1306).
Egli, dopo secoli di pittura simbolica e idealizzata, ritorna a dipingere in modo concreto e realistico la natura e l’uomo, così come si evince dalle figure e nelle forme presenti nel quadro. Eppure, nel Cinquecento e nel Seicento, in piena epoca rinascimentale e barocca, questi primi tentativi di pittura aderente al vero, vennero considerati rozzi e primitivi e a Giotto non fu riconosciuta la portata “rivoluzionaria” e innovativa della suo talento. Bisognerà attendere l’Ottocento per giungere a una rivalutazione del grande pittore.
La diversa fortuna critica di un’opera o di un artista è, in fondo, la storia delle diverse valutazioni che sono state loro date nel tempo.
Michelangelo, considerato “divino” e insuperabile nella sua epoca, duecento anni dopo venne criticato e disprezzato per le sue produzioni considerate grossolane.
Gli impressionisti, al loro apparire sulla scena artistica, furono addirittura derisi dal pubblico e dalla critica; oggi la loro pittura è fra le più apprezzate e ammirate.
Per giudicare un’opera nella sua complessità, dobbiamo utilizzare strumenti e discipline diverse.
Poiché  ognuna  è legata agli ideali estetici del suo autore e dell’ambiente in cui vive, alle esigenze dei committenti e alle richieste del mercato, si dovrà mettere l’oggetto artistico in relazione con la struttura sociale in cui è stato realizzato. Un altro metodo è quello storico che consiste nello studio  della successione temporale dei diversi fatti artistici. È in questo modo che si fa Storia dell’arte, una vera e propria disciplina che inquadra le realizzazioni artistiche nella cultura e nella civiltà dei diversi periodi storici: si parla allora di un’epoca preistorica, greca, romana, bizantina, romanica, gotica, rinascimentale,manierista, barocca, ecc.
Per concludere, è necessaria quindi un’analisi integrata fra i valori formali (uso della linea, del colore, della luce, stile e tecnica compositiva), i valori contenutistici (il messaggio che esprime l’autore), i valori culturali (la mentalità dell’artista e del suo tempo, l’interpretazione della realtà proposta) e i valori psicologici (le emozioni e le associazioni mentali che suscita).
E. H. Combrich ha scritto “Non esiste in realtà una cosa chiamata arte. Esistono solo gli artisti: uomini che un tempo con terra colorata tracciavano alla meglio le forme del bisonte sulla parte di una caverna e uomini che oggi comprano i colori e disegnano gli affissi pubblicitari per le stazioni della metropolitana, e nel corso dei secoli altri uomini che fecero parecchie altre cose. Non c’è alcun male a definire arte tutte queste attività, purché si tenga presente che questa parola può significare cose assai diverse a seconda del luogo e del tempo, e ci si renda conto che non esiste l’Arte con la A maiuscola,  essa oggi è diventata una specie di spauracchio o di feticcio”.
                                                                                                                            





Angela Di Salvo

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